lunedì, settembre 09, 2002

11.9.2001: USCIRE DA MILANO FU COME SCAPPARE


Quello che pensi non possa mai succedere quel giorno è accaduto. La sensazione di fragilità, di impotenza, di assenza di limiti alla cattiveria umana, la paura di salire su un grattacielo, il terrore di un aereo... Il ricordo dell'11 settembre è tutto questo e molto di più. Ero in redazione quel giorno: molti colleghi erano a pranzo e ricordo che quel pomeriggio uno di loro mi disse: "Se dovesse succedere qualcosa di grosso, chiamami al cellulare?.Non l'aveva mai detto prima, ma soltanto dopo suonò come un terribile presagio.

Ho gli occhi sul computer quando esce il lancio d'agenzia che annuncia un aereo contro una delle Torri Gemelle di New York. Senza pensare a cosa poteva significare, accendiamo il televisore. Alla Cnn parlano di un aereo di linea che centra il Word Trade Center e annuncia due morti e diversi feriti. Quel numero risuona subito nella mia mente: non saranno sicuramente due morti, su un aereo ci sono molte più persone e poi tutti quelli che stavano in quel palazzo? Ma niente stime. Sono troppo concentrata sulle immagini.

Intanto nella mia testa comincio a pensare a quei poveretti: all'inizio si pensa a un incidente, ma comunque sia è terribile morire così. Nemmeno il tempo di pensare ad altro che ecco vedo in diretta alla tv il secondo pauroso schianto. E' il panico. Scatta l'allarme attentati. In redazione è il caos.
Le notizie arrivano a getto continuo: bisogna guardare il basys, scrivere, impaginare i pezzi, un occhio alla tv e con le orecchie puntate su quel che dicono i conduttori. Si affastellano informazioni sempre più drammatiche,
ma in quei momenti entrano ed escono dalla mia mente come fossero notizie qualunque. Sembra tutto troppo brutto per essere vero. Se mi fermo mi viene voglia di piangere e scappare lontano. Ho già finito il mio orario di lavoro, ma l'orologio non lo guarda più nessuno e il tempo sembra scorrere a tempo di record. Si temono altri attentati anche in Italia e Milano - si sa - non è certo un posto sicuro. Mentre scrivo come una dannata penso di non aver mai desiderato tanto di essere lontana dalla redazione, a casa mia,solo là mi potrei sentire tranquilla e protetta. Gli aerei si schiantano come mosche e il numero delle vittime continua a crescere una strage.
Arrivano anche le prime storie, le prime testimonianze, e la pelle d'oca sale. Dopo undici ore di lavoro esco dalla redazione per tornare a casa: bisogna riposarsi un po', domani ci sarà ancora tanto lavoro da fare. Quel rientro sulle strade della Brianza me lo ricorderò sempre: uscire da Milano è stato come scappare?


Sembravano tutti impazziti, tutti correvano. Soltanto dopo aver attraversatoil centro città e la stazione centrale mi sono sentita più tranquilla. Pensavo: "I terroristi non colpiranno certo la periferia". Intanto alla radio ascoltavo gli aggiornamenti continui e sempre più terribili e mentre guidavo telefonavo alla mamma, al fidanzato, alle amiche.
Volevo sentire tutti



Baby


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