LA BIMBA, SCRICCIOLO BIONDO DA FAR PAURA...
fissa ipnotizzata la catenina che mi pende al collo. Poi la tocca, sorride. Io le chiedo come si chiama. Ana, dice con una vocina impercettibile. Mi fa strano che mi capisca al volo, lei rumena, ma più che altro angioletto sceso dal cielo e perduto in mezzo a tanta desolazione. Siamo nel cortile di un palazzo pericolante di Milano, intorno soltanto gente che non vuole andare via - nonostante sulle loro teste penda uno sfratto esecutivo - che si rifiuta di lasciare quegli scantinati bui, le stanze senza elettricità, i muri scrostati, le scale pericolanti. Io salgo senza vedere, gli occhi puntati sulla mia digitale, barcollo un po' sui tacchi che non sono il massimo per arrampicarmi fino al primo piano, mentre seguo Daniel, che mi fa da guida e che sembra così tanto più vecchio dei 25 anni che dichiara. Dice cose terribili, dice che ucciderà i bambini (anche l'angelo biondo) se lo obbligheranno a tornare al campo nomadi. Ti prego, almeno lei risparmiala, vorrei dirgli. Se no me la
porto via. Quando torno giù, le allungo un pacchetto di biscotti che pesco a caso dalla borsa. Lei lo prende, felice. Lo apre, corre dentro una stanza a farlo vedere alla madre. Immagino la scena alle mie spalle, dove c'è solo
oscurità. "Sì, sgranocchia pure", le avrà detto la mamma. E lei non se lo fa ripetere. Quando me ne vado, del pacchetto sono rimaste le briciole. Le faccio una carezza sui capelli, le dico ciao. Magari torno, e te ne porto un altro.
by L.C.
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