LA MEGLIO GIOVENTU'
Come milioni di italiani mi son visto in tv la seconda parte del film di Marco Tullio Giordana "La meglio gioventù". Tra tanti passaggi, uno mi è rimasto particolarmente in mente, quelli dove Lo Cascio ha a che fare con i matti (malati di mente per chi non vuole turbarsi la coscienza). Di colpo sono tornato con la memoria all'unica volta sinora in cui ho messo piede in un manicomio. Era una delle prime giornate primaverili di qualche anno fa e avevo appuntamento con un amico, un'ex senatore democristiano che non ha mai rinnegato lo Scudocrociato cercando di rilanciarlo fino a quando la morte non se l'è portato via. Lui faceva gli onori di casa, lui che ha provato a dare una dignità a chi vive tra quelle mura e chi vi lavora.
Mi ricordo un giardino non tenuto benissimo ma che per quelle persone doveva sembrare un eden. Ogni essere umano era un mondo a se stante. Una dozzina di persone, una dozzina di mondi che raramente entravano in contatto. Eppure vivevano. Eppure avevano una dignità. C'era chi dondolava la testa, chi - anziano - si comportava ancora come fosse un bambino. Qualcuno parlava senza la presunzione di una risposta. Mi ricordo il clima di affettuosità che animava le assistenti, roba da scordarsi qualsiasi clinica o corsia ospedaliera.
Vedere scene così è qualcosa che ti resta dentro. Magari un'esperienza del genere viene sepolta in qualche anfratto della memoria ma basta una scena di un film per farla riemergere.
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