giovedì, maggio 30, 2002

HO PARLATO CON DANTE ALIGHIERI"

"Lei crede nel contatto con l'aldilà?" Inizia con questo interrogativo il racconto di V.D, 49 anni, di Cesano Boscone (Mi), imprenditore nel settore dell'abbigliamento, l'uomo che sostiene di essere entrato in contatto con Dante Alighieri al termine di una settimana di coma profondo nove anni fa. "Ho incontrato il poeta, ho parlato con lui e l'ho visto piangere" spiega oggi V.D., finalmente convinto a raccontare la propria storia, ricca di lati oscuri e di spiragli coinvolgenti. Perché? Perché quest'uomo, dopo
quell'incontro, sa decantare a memoria e spiegare tutti i canti della Divina Commedia, somma opera a lui pressoché sconosciuta prima di quel 23 febbraio 1993.


E' iniziato tutto quel giorno vero?
Sì, quel 23 febbraio ero da solo in auto, fermo ad un semaforo a Lorenteggio (Milano) sulla strada statale che porta a Vigevano. All'improvviso nello specchietto retrovisore ho visto un'auto arrivare a tutta velocità. Sono stato tamponato. Ho perso i sensi e non ricordo più niente, tranne una cosa. Una donna che mi teneva la testa dicendomi: "Non ti preoccupare, andrà tutto
bene". Nessun altro ha visto quella signora. Solo quando mi sono rimesso del tutto, ho capito chi era quell'anziana, la mia nonna materna, morta parecchi anni fa. Questo mi è stato confermato da Dante nell'apparizione.

Poi?
Poi sono stato ricoverato all'ospedale San Carlo di Milano. In coma per una settimana intera. Ero spacciato, secondo i medici. I parenti erano già stati preparati al peggio. Speranze di sopravvivere praticamente nulle. Avevo ossa rotte e lesioni interne. Mi è stata asportata la milza con la suturazione di reni e fegato. Il lato sinistro era completamente paralizzato. Dopo sette
giorni di coma all'improvviso mi sveglio, miglioro, riprendo conoscenza ed entro in rianimazione per 13 giorni

E' avvenuto in quei giorni l'incontro?
Esatto. Ero sopravvissuto, lucido ma non parlavo. Una mattina vedo materializzarsi davanti ai piedi del mio letto la figura di Dante Alighieri, sconfortato e in lacrime. Nonostante la meraviglia per un'apparizione simile, ho preso coraggio e ho cominciato a parlare.

Qualcuno ha assistito o sentito quel dialogo?
Non era un dialogo vocale, comunicavo con la mente.

Che cosa le ha detto?Io ho chiesto a Dante il motivo del suo stato d'animo. Lui mi ha risposto: "Piango perché ho fallito il mio scopo". Incredulo, gli ho fatto presente che di lui tutto il mondo parlava ancora oggi, che la sua opera non era passata inosservata, anzi. E lui: "Ho fallito perché volevo dare un messaggio agli uomini e il messaggio non è stato recepito nel modo giusto".

Quale sarebbe il messaggio "esatto" della Divina Commedia?

Il 99% delle persone pensa che Dante abbia scritto la Divina Commedia per dare un saggio del suo sapere, della sua capacità poetica, un mirabile viaggio con la fantasia, migliaia e migliaia di versi e terzine concatenate messe insieme in modo insuperabile, quasi impossibile. Dante percorre quasi metà del suo viaggio (ossia Inferno e Purgatorio, le parti dove più è
necessario l'aiuto di qualcuno) in compagnia di Virgilio, e da lui si fa assistere e dare le spiegazioni indispensabili. Per chiamare Virgilio Dante usa termini come "maestro, famoso saggio, guida, magnanimo, anima cortese,
signore, dottore, savio", tutte parole profonde piene di riverenza e venerazione. In realtà Virgilio rappresenta la ragione umana, quindi non è Virgilio a rispondere a Dante quanto la ragione stessa. Di conseguenza la Divina Commedia è un viaggio in compagnia della ragione. Dante la scrive prima per sé, per riflettere, elevarsi, purificarsi, capire i propri errori e il proprio smarrimento. E un chiaro messaggio a tutto il genere umano, un invito a tutti - agli uomini che sarebbero venuti dopo di
lui a soffermarsi e usare la propria ragione e il libero arbitrio. Alla ragione bisogna chiedere tutti i perché per ottenere le risposte di cui ogni uomo ha bisogno. Ogni azione e ogni decisione devono essere assistite dalla
ragione.

Il poema è stato però interpretato da più parti...
Sbagliando.

E la fede?
Dante parla della ragione a tutti, a prescindere in cosa credano. Dante parla a tutti, qualsiasi fede è chiamata in causa.

Secondo lei Dante invita ad usare la ragione e non la fede: perchè?
Perché sulla fede possono esistere dei dubbi ma sulla ragione no, in quanto patrimonio di ogni singola persona.

Come mai si è deciso a raccontare questa storia nove anni dopo l'incidente?
All'inizio ero scettico e non volevo essere scambiato per un visionario. Ma dopo continue insistenze da parte di Dante, dopo lunghe riflessioni ho deciso. Perché non ce la faccio più a tenermi tutto dentro e poi io sto male.

Male?
Sì, quando si avvicina il Venerdì Santo, io sto male fisicamente. In quei giorni Dante Alighieri ha iniziato a scrivere la Divina Commedia e dal 1993 il Venerdì Santo per me è una sofferenza. E' lui che torna a farsi sentire.

Chi lo conosce conferma: V. D., il venerdì di Pasqua, diventa un'altra persona, sofferente e patita.

Ha mai parlato di nuovo con Dante?

Nei giorni del Venerdì Santo lo sento vicino a me, lo sento invitarmi a parlare, a raccontare il nostro contatto. Mi dice: "Perché non porti avanti il mio messaggio? mi dice - Non aver paura, io sarò vicino a te. Sei guarito per questo.

In nove anni è cambiata la sua vita?
Fortunatamente l'incidente non ha avuto grandi conseguenze permanenti sul mio corpo. Ho ripreso a lavorare ma ho un compito da svolgere, divulgare il contenuto di quell'incontro con Dante.

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